A cinquant’anni esatti dalla morte dell’editore, ascoltiamo le parole della sua collaboratrice Alba Morino su Giangiacomo Feltrinelli.
“Crediamo che nella vita di ognuno pubblico e privato si svolgano su due piani diversi, ma strettamente legati tra loro. Chi farà la storia di Giangiacomo Feltrinelli dovrà tenere conto dell’uno e dell’altro, di dove, quando e come questi si svolsero. Inoltre ognuno di noi è fatto di luci e di ombre che non è facile gestire, ma spesso queste ultime possono diventare concime fecondo, così come le acque nere rendono più fertile la terra, trasformando e placando in parte le proprie inquietudini che spesso nascono e nascondono un terribile dolore. Quelle di Giangiacomo Feltrinelli avevano radici profonde, fino a farlo entrare in contrasto prima con il suo ambito familiare e dopo con la classe sociale di appartenenza. […] Negli anni di piombo, quando la realtà si frantumò ed esplose e i libri non parvero più bastare, quando la solitudine personale non trovò più ancore, cercò un’ultima via di fuga e di approdo unendosi con chi praticava nel bene e nel male questa lotta, pur essendo dagli stessi logicamente rifiutato. Ma prima di scomparire nella clandestinità, consegnò la casa editrice a chi ne tutelò il nucleo portante del progetto. Il rischio non fu più calcolato. Il 14 marzo 1972 un dolore più forte lo fermò. Fino ad oggi non si è riuscito che in minima parte ad attingere al segreto della sua esistenza.”
In questo brevissimo articolo scritto nel 1996, Alba Morino tratteggiava l’essenza dell’editore rivoluzionario con cui aveva lavorato e collaborato per più di sedici anni, fino al tragico epilogo. In casa editrice era entrata nel 1954, arrivando a guidare l’Ufficio stampa, ideando campagne promozionali, percorsi tematici, manifesti, bibliografie.
Nel ricordare il giorno dei funerali, Alba Morino affermava: “Non mi piacciono i funerali, c’è sempre qualcosa di insopportabilmente mondano. Per Giangiacomo Feltrinelli andai al Cimitero Monumentale alle prime luci dell’alba per poi allontanarmene quando arrivò il flusso inarrestabile della folla.”
“La lettera che l’editore ci mandò dopo aver scelto l’irreperibilità (non pubblicata ahimè per intero) suonò come un’investitura. Non fu facile fare quadrato e certamente il compito a cui molti di noi si assoggettarono […] superò di molto il ruolo.”
“Dopo la sua morte il lavoro oltre che una militanza diventò una resistenza a vari attacchi che provenivano dall’esterno e ad altri più rozzi interni. Con Gian Piero Brega ci riunivamo in casa editrice una volta alla settimana. Riunioni esemplari. Ognuno svolgeva due ruoli: partecipava al progetto editoriale come intellettuale proponendo titoli o collane ed elaborandone la filosofia ma prestando contemporaneamente un servizio: alla redazione, all’ufficio stampa, alla direzione editoriale eccetera.”
L’impronta profonda lasciata da quella esperienza di lavoro e di vita accompagna tutto il percorso lavorativo di Alba Morino, anche quello degli anni successivi al 1992, quando esce definitivamente da Feltrinelli. Sebbene uno sguardo veloce al suo archivio potrebbe farci frettolosamente pensare che le tracce del suo lavoro presso Feltrinelli siano decisamente scarne, tutto il suo lavoro svela invece le radici comuni che danno poi vita a esperienze nuove e innovative, figlie di quel modo di intendere il lavoro editoriale.
In occasione di una Giornata mondiale del libro, Alba Morino si presentò dicendo “non sono una ex Feltrinelli ma una già Feltrinelli e questo fa una profonda differenza. Per me gli ex vivono con la faccia rivolta al passato in un continuo rimpianto di quello che è stato, i già cercano di trasformare, almeno in parte, un’esperienza di alta scuola, come è stata quella dei miei lunghi anni di lavoro alla Feltrinelli, in un nuovo progetto.”